24/11/07

Per capire come "funziona" la giustizia

Ho terminato ieri la lettura del libro di Bruno Tinti di cui abbiamo dato notizia qualche tempo fa. “Toghe rotte”

Non che le cose riportate mi erano sconosciute... anzi molte delle cose che Tinti racconta noi italiani le conosciamo, capita ogni tanto di leggerle nei giornali o sentirle alla televisione - Italiani si, ma con libertà di stampa! (ci lasciano parlare sperando che poi ci rassegniamo come sempre). Se poi conosci qualche magistrato hai già sentite storie simili direttamente da loro.

Eppure leggerle così una dopo l'altra per 250 pagine ti lascia annichilito, disgustato e anche disperato... la domanda è incalzante e lascia poco spazio all'ottimismo – ma potremo mai diventare un paese civile?

Ma come ci riesce Tinti a raccontarle con tanta ironia? ti viene in mente uno con il fegato grosso così, che dovrebbe aver appeso la toga a un chiodo, e cambiato mestiere.

E invece è lì insieme a centinaia di altri eroi borghesi del nostro tempo a tenere in piedi in qualche modo la baracca che le istituzioni cercano in tutti i modi di affondare...

Da una parte il degrado, l'abbandono, la solitudine, l'inefficienza in cui sono costretti ad operare dei funzionari che dovrebbero avere il massimo rispetto ed aiuto dalle istituzioni per la delicatezza e l'importanza del ruolo che svolgono.

Dall'altra la loro impotenza di fronte ad un codice che è stato modificato, travisato, manipolato nel corso degli anni dalle varie forze politiche al governo... manipolazioni, aggiunte, modifiche che vanificano quasi completamente il loro operato.

Un qualsiasi ministro della giustizia degno di questo nome di un qualsiasi paese civile, si sarebbe sentito quanto meno un po' a “disagio” (sic) nel leggere quello che accade nelle aule dei tribunali.

Ma noi non siamo un paese civile e non abbiamo un ministro della giustizia: abbiamo solo Mastella da Ceppaloni e una casta di politici che usa il codice per evitare la galera ai potenti.



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